I giudici della pima sezione della Corte di Cassazione – con l’ordinanza numero 35249 depositata lo scorso 18 dicembre 2023 – hanno confermato quanto deciso dai giudici della Corte di Appello di Catanzaro che aveva dichiarato la separazione giudiziale di un uomo dal coniuge, respingendo la sua domanda di addebito ed anzi accogliendo quella della moglie per condotta violenta ed aggressiva da parte del marito.
La Corte ha però rigettato la richiesta di assegno di mantenimento della moglie, prevedendo invece un contributo per i tre figli maggiorenni ma non autonomi economicamente, ed assegnando alla donna la casa coniugale.
I legali dell’uomo avevano sostenuto che la motivazione dei giudici del Tribunale era insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione al principio del giusto processo ed alla violazione del contraddittorio.
Il ricorrente ha lamentato infatti che la Corte d’Appello ha erroneamente confermato l’addebito della separazione senza valutare se le violenze fisiche e morali risultanti dall’istruttoria avessero i requisiti di efficienza causale rispetto alla irreversibile crisi coniugale. Infatti, secondo il ricorrente è emerso che le violenze erano avvenute nell’ambito di un rapporto già deteriorato per altre ragioni, e sarebbero quindi state ininfluenti ed irrilevanti rispetto alla decisione di porre fine al matrimonio.
L’uomo, invece, in più occasioni è risultato essere stato violento ed aggressivo, arrivando a puntare e brandire un coltello verso la donna, chiedendole anche soldi. Circostanze dichiarate da uno dei figli e riscontrate dalla testimonianza di un teste indifferente che ha riferito di aver accompagnato la donna al Pronto Soccorso per farla curare a seguito delle percosse subite dal marito.
Secondo la Corte di Cassazione, bene hanno fatto i giudici di merito ad uniformarsi alla costante giurisprudenza “per la quale le reiterate violenze fisiche e morali costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitalità all’autore di esse”. “Il loro accertamento esonera il giudice di merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei”.