Con il Decreto legislativo n. 23 del 2011, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, è stata concessa ai Comuni e alle località turistiche e città d’arte la facoltà di istituire un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte.
Mentre l’imposta è riscossa dal gestore della struttura ricettiva e versata al Comune che l’ha istituita, il rapporto tributario intercorre esclusivamente tra il Comune (soggetto attivo) e colui che alloggia nella struttura (soggetto passivo).
L’imposta di soggiorno è un contributo fisso che gli albergatori richiedono ai turisti ed ai viaggiatori ospiti delle proprie strutture. E’ un’imposta che ogni ospite deve corrispondere per ogni notte trascorsa nelle strutture ricettive (alberghi, b&b, ostelli e campeggi) delle principali città non solo dell’Italia, ma anche del resto del mondo.
L’imposta di soggiorno, introdotta con il Decreto legislativo n. 23 del 2011, all’articolo 4 prevede: “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. …”
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con l’ordinanza 24 luglio 2018, n. 19654, è intervenuta sull’argomento ed ha sottolineato in generale che, secondo i principi elaborati nel corso degli anni dalle Sezioni Unite, l’attività di accertamento e riscossione dell’imposta comunale ha natura di servizio pubblico e l’obbligazione del concessionario di versare all’ente locale le somme a tale titolo incassate ha natura pubblicistica, essendo regolate da norme che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili in ragione della tutela dell’interesse della pubblica amministrazione creditrice alla pronta e sicura esazione delle entrate.
Ne consegue che il rapporto tra società di riscossione ed ente si configura come rapporto di servizio pubblico. In quanto incaricato di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, tale soggetto riveste la qualifica di agente contabile ed ogni controversia con l’ente impositore avente ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un giudizio di conto, sussistendo al riguardo la giurisdizione della Corte dei Conti.
In relazione all’imposta di soggiorno, le Sezioni Unite della Corte dei Conti hanno rilevato che solo in alcuni casi i Comuni hanno espressamente qualificato l’albergatore come agente contabile o subagente, mentre nella maggior parte dei casi è risultata disposta l’attribuzione alle strutture ricettive della funzione di riscossione e riversamento dell’imposta con conseguenti molteplicità e diversità dei relativi modelli organizzativi.
Il rapporto tributario, però, intercorre esclusivamente fra ente e ospite della struttura ricettiva, mentre all’albergatore sono affidate attività (riscossione e versamento) funzionali alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale che implicano la “disponibilità materiale” di denaro pubblico. Come affermato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 114 del 1975 e n. 292 del 2001, poi, il “maneggio di denaro pubblico” genera ex se l’obbligo della resa del conto.
Da tutto ciò consegue che ogni controversia fra ente impositore e albergatore dà luogo ad un giudizio di conto, sottoposto, pertanto, alla giurisdizione della Corte dei Conti.
Risponde, pertanto, di danno erariale l’albergatore che non versa l’imposta di soggiorno.