Non è ammissibile, dopo il divorzio, che la ex moglie conservi il cognome del marito, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato e nell’esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente.
Così ha ricordato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza n. 3869/2019, pronunciandosi sul ricorso della ex moglie che, dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva richiesto in sede di appello di conservare l’uso del cognome maritale.
La domanda sulla conservazione dell’uso del cognome maritale era stata respinta dai giudici poiché la signora non aveva provato la sussistenza di un interesse positivamente apprezzabile della stessa o dei figli.
La Cassazione fa riferimento all’art. 5, comma 3, della legge n. 898/1979, secondo cui “il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela”.
Dello stesso parere la sentenza della Cassazione n. 21706 del 2015 secondo cui “La valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali che consentono l’autorizzazione all’utilizzo del cognome del marito è rimessa al giudice del merito giacché di regola non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato e nell’esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente”.