Costituiscono reato i maltrattamenti della maestra che influiscono sullo sviluppo dei bambini
Per la Cassazione, le condotte delle educatrici vanno valutate anche in relazione alla loro concreta incidenza sullo sviluppo psicofisico dei minori.
Nell’esaminare la vicenda che vede l’educatrice imputata per maltrattamenti in danno dei bambini, poiché trattasi di soggetti particolarmente vulnerabili, il giudice non dovrà valutare solo il profilo strettamente “naturalistico-fenomenico” delle condotte, ma anche vagliare accuratamente la concreta incidenza di tali comportamenti sullo sviluppo fisico-psichico di soggetti bisognosi di cure attente.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19931/2019 , con cui la sesta sezione penale ha accolto il ricorso di due educatrici di un asilo nido di Sanremo che, dal 2014 al centro di un presunto caso di maltrattamenti nei confronti di minori ospiti della struttura, erano state ritenute colpevoli dal giudice di secondo grado, contrariamente a quanto stabilito in primo grado.
La Suprema Corte ha evidenziato che, essendo le due imputate per un reato commesso nella loro qualità di educatrici nei confronti di bambini dell’asilo nido, ha formato oggetto di analisi l’idoneità, sotto il profilo pedagogico educativo, dei loro comportamenti, la configurabilità o meno di forme di violenza psicologica o fisica e la ravvisabilità o meno di comportamenti tali da infliggere ai bimbi una serie continuativa di umiliazioni e sofferenze, così da integrare il delitto contestato.
Ma i giudici rilevano come, venendo in rilievo soggetti particolarmente vulnerabili, l’approccio interpretativo dovesse implicare la necessità che le condotte fossero valutate non solo sotto il profilo strettamente naturalistico-fenomenico, ma anche in relazione alla loro concreta incidenza sullo sviluppo fisico-psichico di soggetti bisognosi di cure attente, a fronte di quanto sancito anche a livello internazionale da convenzioni e protocolli (tra cui la Convenzione O.N.U. sui diritti del fanciullo).